venerdì 2 novembre 2012

√ Il soffio del #Draghi: gli Stati europei han già perso sovranità

Mario Draghi, detto "lurking dragon"
In attesa di improbabili novelli San Giorgio, ecco la versione di Mario Draghi, potentissimo governatore della Banca Centrale Europea, consegnata all'intervista concessa al settimanale tedesco Der Spiegel (pubblicata su L'Eco di Bergamo del 2/11/12). Due i passaggi chiave: 

  1. Gli Stati europei meno virtuosi (Italia in primis, ndr) han già perso la loro sovranità incaprettandosi con un debito pubblico abnorme ed esponendosi al continuo ricatto dei mercati, sicché possono sperare di riacquistare sovranità solo condividendola in un "nuovo ordine europeo": insomma, abbiam fatto tanto casino che solo gli Stati Uniti d'Europa ci posson salvar.
  2. L'instabilità dei sistemi-paese del Sud Europa (tra cui l'Italia) e la loro eccessiva dipendenza dal mercato internazionale che negozia il loro debito sovrano alza i tassi d'interesse "reali", in quanto le banche preferiscono comprare titoli di stato ad alto reddito che prestare soldi ad imprese e famiglie. Vengono così vanificate le politiche deflattive della BCE e si deprime l'economia di imprese e famiglie con prestiti e mutui alle stelle, per cui i PIGS o rimettono i conti in riga o nessuno potrà aiutarli: ecco perché BCE fa da pronto soccorso economico, ma vigila sulle riforme strutturali (spending review e riduzione del debito pubblico) degli Stati che aiuta. 
Ma ecco a voi l'intervista: il dibattito è aperto, commentate qui sotto. E che i Maya ci aiutino.

Il presidente della Banca centrale europea, Mario Draghi, appoggia l'idea della Germania di un supercommissario Ue che possa non solo supervisionare, ma anche porre il veto ai bilanci nazionali e riconosce gli sforzi fatti e che devono ancora essere portati avanti dai governi sulla «strada delle riforme».

A un anno dal suo insediamento all'Eurotower, in un'intervista al settimanale tedesco «Der Spiegel», Draghi conferma la sua sostanziale sintonia con il governo di Berlino sui grandi temi che hanno caratterizzato i primi turbolenti 12 mesi dell'incarico.
L'idea, lanciata nelle scorse settimane dal ministro delle Finanze, Wolfgang Schaeuble, di un'ingerenza dell'Ue nei bilanci dei Paese ha così il «pieno appoggio» di Draghi.
«I governi – spiega il Governatore – darebbero prova di saggezza se prendessero questa proposta in seria considerazione. Sono fermamente convinto che per ripristinare la fiducia all'interno dell'Eurozona ci debba essere una cessione di sovranità dai Paesi alle istituzioni europee». Il problema principale sembra essere la resistenza opposta dagli esecutivi. Ma Draghi è esplicito: «Molti governi debbono ancora capire che la sovranità nazionale l'hanno persa molto tempo fa. In passato hanno consentito che il debito sovrano toccasse livelli record e ora hanno bisogno della buona volontà dei mercati finanziari. Sembra un paradosso, ma è l'assoluta verità. Questi Paesi riacquisteranno la sovranità solo condividendola a livello europeo. Quando la crisi ha toccato il culmine all'inizio dell'estate – spiega il Governatore –, la Bce aveva tre alternative: primo, non fare nulla consentendo alla crisi di peggiorare; secondo, fornire un aiuto incondizionato; terzo, fornire aiuto a certe condizioni. 
La Bce ha scelto la terza alternativa perché era il modo migliore per aggredire le cause della crisi. I governi devono impegnarsi a perseguire politiche economiche e finanziarie corrette. È in questo modo che garantiamo la riforma dell'Eurozona e la nostra indipendenza».
Molti osservatori, però, si chiedono perché la Bce dovrebbe svolgere meglio delle autorità nazionali il compito di supervisione delle banche: «Non vogliamo sostituire le autorità di controllo nazionali», rassicura Draghi. «Al contrario, vogliamo collaborare con loro. Tuttavia tali autorità debbono operare in autonomia rispetto ai governi nel valutare i problemi. In passato, talvolta, i problemi del settore bancario venivano messi sotto silenzio».
Ma sono i risparmiatori che debbono pagare il conto della crisi? «No. Se non risolviamo la crisi, pagheremo tutti. E se la risolveremo, ne trarremo beneficio tutti, in particolare i contribuenti e i risparmiatori tedeschi». 
Come? «La crisi di fiducia determina un flusso di denaro verso la Germania. Questa massa monetaria deprime i tassi di interesse in Germania e li fa lievitare in altri Paesi fino a livelli ingiustificabilmente elevati. I tassi di interesse erano, tra l'altro, la conseguenza di una speculazione che puntava al dissolvimento dell'Eurozona. Questa speculazione era infondata e abbiamo dovuto combatterla». È per questo che avete deciso di aiutare Roma e Madrid? «No, il fattore decisivo è stato un altro. L'elevato rendimento delle obbligazioni ha fatto anche aumentare i tassi di interesse dei mutui e del credito alle imprese. Ciò ha messo a rischio l'efficacia della nostra politica monetaria. Per quanto tagliassimo i tassi, non si produceva più alcun beneficio sull'economia reale. Non potevamo stare a guardare senza intervenire».
C'è molta preoccupazione per il fatto che la Bce intende mettere a bilancio una considerevole massa di titoli di Stato ad alto rischio dei Paesi dell'Europa del Sud. La Bce ha già in cassaforte duecento miliardi di obbligazioni di Paesi come Portogallo e Irlanda. Se questi Paesi non riusciranno a pagare i debiti, il conto verrà presentato ai contribuenti? «Non credo – risponde Draghi –, direi piuttosto il contrario. Finora sui titoli acquistati abbiamo realizzato un profitto che è andato alle Banche centrali, traducendosi quindi in un beneficio per governi e contribuenti». Si può pensare che le cose andranno avanti così? «Se i governi dell'Europa del Sud continueranno a realizzare con successo le riforme che abbiamo visto negli ultimi mesi, i contribuenti tedeschi ricaveranno un utile dagli acquisti della Bce. Le riforme strutturali nei Paesi dell'Europa del Sud – afferma il Governatore – sono il modo migliore per proteggerci dalla crisi dell'euro».
Nessun Governatore di Banca centrale ha mai avuto le responsabilità che lei ha ora. Sarebbe sbagliato definirla l'uomo più potente d'Europa? «Certamente non è così che mi vedo. Per quanto concerne l'unione bancaria, ad esempio, forniamo solo assistenza tecnica perché ci è stata chiesta».

All'inizio dell'Unione monetaria, ai tedeschi fu promesso che la Bce avrebbe agito come una seconda Bundesbank, la Banca centrale tedesca. Oggi molti parlano di nuova Banca d'Italia, un organismo che negli anni '70 tollerò un'inflazione a due cifre: «Considero queste accuse a dir poco ineleganti. Per due ragioni: negli anni '70 la Banca d'Italia non era indipendente. Oggi la situazione è completamente diversa. Ma c'è anche una ragione personale. A causa dell'inflazione la mia famiglia perse all'epoca buona parte dei suoi risparmi. Posso garantire che la stabilità dei prezzi è per me un impegno personale, non solo professionale».

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